Il Teatro del Mondo edificio singolare
La Biennale di Venezia 1979-1980
Omaggio a Aldo Rossi
Ca’ Giustinian Venezia, Ca’ Giustinian, 10 febbraio – 31 luglio 2010
Vorrei notare che il Teatro del Mondo mi ha colpito nella sua vita; cioè per la sua formazione e per il suo stare nella città e rispetto allo spettacolo. Mentre ascoltavo la sera dell’apertura del teatro davanti alla Salute alcune musiche di Benedetto Marcello e vedevo
la gente fluire sulle scale e assieparsi all’interno sulle balconate, ho colto un effetto che avevo solo genericamente previsto. Stando il teatro sull’acqua si poteva vedere dalle finestre e fuori il passaggio dei vaporetti e delle navi come se si fosse stati su un’altra nave, e queste altre navi entravano nell’immagine del teatro costituendone la vera scena fissa e mobile.
Aldo Rossi
Da: Aldo Rossi, Autobiografia scientifica, 1981, Ed. Il Saggiatore
Venezia, 10 febbraio 2010 – “La Biennale di Venezia 1979-1980. Il Teatro del Mondo edificio singolare. Omaggio a Aldo Rossi”, è il titolo della Mostra che apre oggi al pubblico presso il Portego di Ca’ Giustinian - rinnovata sede della Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta. La Mostra, curata da Maurizio Scaparro, sarà aperta fino al 31 luglio 2010.
A 30 anni dalla sua realizzazione viene proposta una rilettura del celebre progetto di Aldo Rossi per il Teatro del Mondo, edificio galleggiante ancorato alla Punta della Dogana, realizzato nel 1979 per i Settori Teatro (diretto da Maurizio Scaparro) e Architettura (diretto da Paolo Portoghesi) in occasione della mostra Venezia e lo spazio scenico. Utilizzato nel 1980 dal Settore Teatro per la prima edizione del Carnevale di Venezia, il Teatro del Mondo fu trasportato via mare nell’estate del 1980 al Festival Teatrale di Dubrovnik.
“Il progetto per il Teatro del Mondo – spiegava Aldo Rossi - si caratterizza da tre fatti, l’avere uno spazio usabile preciso anche se non precisato, il collocarsi come volume secondo la forma dei movimenti Veneziani, essere sull’acqua. Appare evidente come essere sull’acqua sia la sua caratteristica principale, una zattera, una barca: il limite o confine della costruzione di Venezia”.
Nell’ambito delle Attività Permanenti e dei Settori Arti Visive/Architettura, Teatro e ASAC (Archivio Storico delle Arti Contemporanee), la mostra consente la valorizzazione e fruizione da parte del pubblico dei materiali dell’ASAC, così come attuato nel 2009 con la mostra Macchine di visione. Futuristi alla Biennale realizzata negli stessi spazi. Si tratta della terza iniziativa organizzata nel Portego di Ca’ Giustinian (la seconda era sui Concorsi on-line della 53. Esposizione Internazionale di Arte) con cui La Biennale di Venezia apre le porte della sua sede storica nel cuore del centro storico di Venezia, e si presenta alla città e agli amanti della cultura con una serie di incontri che racconteranno la storia, la vita e le iniziative della Fondazione.
L’allestimento prevede materiali e riproduzioni di documenti provenienti dall’ASAC, dal MAXXI_Museo nazionale delle arti del XXI secolo e dalla Fondazione Aldo Rossi, dalla Biblioteca Nazionale Marciana, dal Museo Correr, dalle Teche RAI, e in particolare:
- modello del Teatro del Mondo
- sfera metallica originale di coronamento della copertura
- struttura a riproduzione di un antico “mondo novo”, con immagini storiche
- documenti grafici, manifesti, disegni, fotografie e video (estratti RAI)
- corrispondenza dell’epoca e comunicati stampa
- estratti dal documentario Venezia e lo spazio scenico (la Biennale di Venezia)
- documentario Aldo Rossi. Il Teatro del Mondo a cura di Francesco Saverio Fera, regia di Dario Zanasi.
“Vorrei notare – spiegava Aldo Rossi nel 1981 - che il Teatro del Mondo mi ha colpito nella sua vita; cioè per la sua formazione e per il suo stare nella città e rispetto allo spettacolo. Mentre ascoltavo la sera dell'apertura del Teatro davanti alla Salute alcune musiche di Benedetto Marcello e vedevo la gente fluire sulle scale e assieparsi all'interno sulle balconate, ho colto un effetto che avevo solo genericamente previsto. Stando il Teatro sull'acqua si poteva vedere dalle finestre e fuori il passaggio dei vaporetti e delle navi come se si fosse stati su un'altra nave, e queste altre navi entravano nell'immagine del teatro costituendone la vera scena fissa e mobile.”
“E all’acqua, non solo a Venezia – scriveva ancora Aldo Rossi - le città affidavano compiti diversi. I barconi che scendono dal Ticino nella nebbia lombarda si trasformavano nelle barche del carnevale, le costruzioni sull’acqua segnano le incisioni delle città gotiche del nord. Proprio l’immagine di Venezia, sintesi di paesaggi gotici e nebbiosi e di inserti o trasposizioni orientali, ne fissa la capitale della città sull’acqua. E quindi dei possibili passaggi, non solo fisici o topografici, tra i due mondi. Anche il ponte di Rialto è un passaggio, un mercato, un teatro.
Queste analogie del luogo nel progettare un edificio hanno per me un’importanza decisiva, se ben lette sono già il progetto. Anche se si tratta di un edificio dal tempo prevedibilmente breve, esso è solo un capriccio veneziano”.
“Non so se e come questo teatro o teatrino veneziano sarà costruito – annotava l’architetto a proposito della sua realizzazione - ma esso crescerà nei miei e negli altri disegni perché ha come un carattere di necessità: la sua limitata capienza permette la possibilità di spettacoli diretti, di tipo vario e soprattutto con un luogo centrale della città.
La sua struttura non poteva che essere in legno e non certo solo per il tempo della costruzione, che il tempo è materiale solidissimo e forte nel tempo. Ma perché è legato all’architettura di questo teatro non in un senso funzionalistico, ma perché esprime questa architettura: le barche di legno, il legno nero delle gondole, le costruzioni marinare.
Infine il teatro, stabile o provvisorio era una grossa opera di carpenteria appena mascherata dagli ori e dagli stucchi. Queste sono le poche note su un mio progetto indipendenti dalla possibilità della sua costruzione e dal suo uso. Ma certamente non indipendenti da una costruzione veneziana, da un modo di progettare che cerca solo nel reale la fantasia”.
Il catalogo della Mostra contiene un testo introduttivo del Presidente della Biennale Paolo Baratta, del curatore della Mostra Maurizio Scaparro, alcuni scritti di Aldo Rossi sul Teatro del Mondo e la riproduzione a colori di una selezione di fotografie e immagini esposte.
La Biennale di Venezia mette a disposizione del pubblico delle visite guidate su prenotazione. Per info: www.labiennale.org,
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, tel. 041.5218828.
Per informazioni
Ufficio stampa la Biennale di Venezia
Tel. 041.5218857/859
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Sono trascorsi 30 anni da quella Biennale del 1979 che presentò il Teatro del Mondo di Aldo Rossi. Presidente era Giuseppe Galasso, Direttore del Settore Architettura era Paolo Portoghesi. Il Teatro del Mondo è la più famosa tra le opere precarie del secolo scorso ed è rimasta nel ricordo di architetti, di uomini di teatro, di artisti, di quanti l’hanno vista o ne hanno sentito parlare.
Un’opera precaria è un gesto: un gesto di libertà, un gesto forse anche polemico, ma un gesto che conserva una sua viva attualità. Può essere stato polemico persino nei confronti della stessa città di Venezia, che aveva negato a grandi architetti moderni la possibilità di esprimersi in opere permanenti. È certo un gesto di attualità se ricordiamo la scorsa edizione della Mostra Internazionale di Architettura (curata da Aaron Betsky) che invocava segni di creatività, anche precari, per quelle realtà infinite ed impossibili rappresentate dalle immense periferie delle grandi città del mondo.
In quest’opera precaria era nascosto un piccolo teatro che Maurizio Scaparro fece luogo di incontro tra artisti di qualità. Mi ha ricordato Paolo Portoghesi che la mostra del ’79 era dedicata agli spazi scenici “quegli spazi che nei secoli passati venivano realizzati sulle acque della laguna in occasione di celebrazioni e grandi eventi”. Venezia ha sempre amato fare teatro sull’acqua: dal Bucintoro alle regate storiche, dai rondò decorati da colonne, statue e allori, agli spazi scenici chiamati per l’appunto “teatri del mondo”. Fu idea di Aldo Rossi quella di realizzare, quasi in contro misura, questo Teatro del Mondo che nella sua modernità differiva in quasi tutto dagli spazi scenici tradizionali: quelli erano bassi, questo era alto; quelli erano aperti, questo era chiuso… A 30 anni da quella data Maurizio Scaparro ha ripreso, raccolto e riordinato alcuni importanti documenti che provengono in parte dall’ASAC, in parte dalla Fondazione Aldo Rossi e dal MAXXI_Museo nazionale delle arti del XXI secolo, in parte dalle Teche RAI e da privati, che qui ringraziamo tutti. La mostra infatti è stata anche l’occasione per fare il punto sullo stato della documentazione intorno a quest’opera. Un’opera effimera non può essere rivissuta pienamente.
Rimangono le testimonianze di chi c’era, i disegni, le splendide fotografie sulla laguna che qui abbiamo raccolto, una riproduzione dell’edificio e la sfera di rame originale che stava sulla sua cuspide. Per godere la mostra occorre avere la stessa curiosità e la stessa immaginazione che ci animano quando andiamo a uno spettacolo teatrale. Questa mostra è il terzo degli appuntamenti programmati al Portego di Ca’ Giustinian. Un vivo ringraziamento a quanti vi hanno collaborato.
Paolo Baratta
Presidente della Biennale di Venezia
Non avrei proprio potuto immaginare che a trent’anni di distanza, oggi, avremmo ricordato la straordinaria avventura del Teatro del Mondo di Aldo Rossi, voluto da me e da Paolo Portoghesi negli anni ‘80, segno forte dell’interdisciplinarietà della Biennale. E forse non avrei potuto sperare che questo “oggetto singolare” per sua natura effimero potesse essere ricordato con questa mostra, a dimostrazione che, appunto, l’effimero non ha necessariamente vita breve, ma può rivivere nel ricordo, per le emozioni che ha saputo suscitare e trasmettere, e per sapersi collocare con vitalità nel presente tra passato e futuro (come il Teatro, del resto).
Ringrazio anche per questo la Biennale e la città di Venezia, in diverse occasioni amata casa mia, per aver stimolato la nascita di questo ricordo a pochi metri dalla Salute dove, proprio per il Carnevale del Teatro del 1980, si presentò ai veneziani e ai foresti. E per vedere o rivedere le tappe di un viaggio magico per mare del Teatro del Mondo da Venezia a Dubrovnik, con immagini che sorprenderanno quelli che non c’erano. Simbolo e stemma, ricordava Roberto De Monticelli, della Festa veneziana del Teatro, con il suo oscillare leggero che ogni tanto si avvertiva al suo interno e che era insieme, dei pensieri dentro e dell’acqua sotto.
Maurizio Scaparro
Curatore della Mostra
Recentemente ho progettato il teatrino scientifico come luogo della pura rappresentazione: un palco, delle scene prospettiche, degli oggetti scenografici. Questo teatro era indifferente alla sala, non creava uno spazio teatrale, come i teatrini dell’infanzia che si ponevano in una sala qualsiasi e dove architettonicamente si trattava solo di una sezione di un possibile edificio. Così le case, i palazzi, le chiese rimaste dimezzate dai bombardamenti aerei del dopoguerra nelle città d’Europa mostravano la vita pubblica o privata come uno spettacolo. Differentemente il progetto per il Teatro del Mondo o chiamiamolo per questo teatro veneziano si caratterizza da tre fatti, l’avere uno spazio usabile preciso anche se non precisato, il collocarsi come volume secondo la forma dei movimenti Veneziani, essere sull’acqua. Appare evidente come essere sull’acqua sia la sua caratteristica principale, una zattera, una barca: il limite o confine della costruzione di Venezia. E all’acqua, non solo a Venezia, le città affidavano compiti diversi. Le città orientali erano e sono contornate da questo mondo di barche. Proprio l’immagine di Venezia, sintesi di paesaggi gotici e nebbiosi e di inserti o trasposizioni orientali, ne fissa la capitale della città sull’acqua. E quindi dei possibili passaggi, non solo fisici o topografici, tra i due mondi. Anche il ponte di Rialto è un passaggio, un mercato, un teatro. Non so se e come questo teatro o teatrino veneziano sarà costruito ma esso crescerà nei miei e negli altri disegni perché ha come un carattere di necessità: la sua limitata capienza permette la possibilità di spettacoli diretti, di tipo vario e soprattutto con un luogo centrale della città. La sua struttura non poteva che essere in legno e non certo solo per il tempo della costruzione, che il legno è materiale solidissimo e forte nel tempo. Ma perché è legato all’architettura di questo teatro non in un senso funzionalistico, (anche e certamente), ma perché esprime questa architettura: le barche di legno, il legno nero delle gondole, le costruzioni marinare. Queste sono le poche note su un mio progetto indipendenti dalla possibilità della sua costruzione e dal suo uso. Ma certamente non indipendenti da una costruzione veneziana, da un modo di progettare che cerca solo nel reale la fantasia.
Aldo Rossi
Dal catalogo: “Venezia e lo Spazio Scenico”, Ed. La Biennale di Venezia, 1979
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