L'editoriale di (h)ortus


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Dopo quasi vent’anni di assenza – trascorsi, forse colpevolmente, a indagare architetture in luoghi più distanti del pianeta – sono ritornato a Urbino, alla ricerca non soltanto delle opere di Giancarlo De Carlo (e di tutti gli illustri architetti che lo hanno preceduto nella città di Federico da Montefeltro) ma anche della possibilità di fare un personalissimo punto sullo stato dell’architettura. Avevo sentito parlare da più parti del pessimo stato di conservazione degli Continua...

La città della postproduzione

Questo libro raccoglie una serie di saggi sulla postproduzione intesa sia quale condizione che connota oggi i territori europei, sia quale atteggiamento progettuale – realizzare non è più sufficiente e non è più centrale servono interventi altri, altre sovrascritture. Come nella prassi cinematografica, raramente la presa diretta esaurisce il momento di formalizzazione di un film: è necessario applicare un complesso di operazioni quali il doppiaggio, il montaggio, il missaggio che seguono la fase delle riprese e precedono la commercializzazione.
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hortus_booksGina Oliva

Architettura e Paesaggio

Riflessioni

Benedetto Todaro

pucciniLe riflessioni di Gina Oliva si inscrivono nell’alveo del rinnovato crescente interesse dell’architetturaverso il paesaggio.Sembra chesi stia concludendo il periodo, quasi mezzo secolo, di separatezza, di alterità di metodi e di sensibilitàche hanno caratterizzato la condizione, almeno per quanto riguarda l’Italia, tra studi e ricerche sull’architettura, e cultura e gestione dell’ambiente. Nuovi fronti di ricerca si sono aperti a recuperare una consapevolezza che, ancora nei primi decenni del secolo scorso, teneva insieme, nel comune alveo del progetto, l’intera gamma degli interventi di modifica introdotti sulla superficie terrestre (secondo l’inclusiva concezione di architettura formulata da Morris).

Oliva segnala – correttamente – l’avvicendarsi di miti prevalenti che hanno guidato l’evoluzione della cultura architettonica del novecento dal macchinismo del movimento moderno allo storicismo postmoderno per approdare oggi al nuovo mito – appunto – del paesaggio. Analisi lucida, ed opportuno anche mettere in guardia dai miti che possono facilitare il riconoscimento delle condizioni che attraversiamo, ma chiedono lucidità e disincanto per non trasformarsi invincoli concettuali o superficiali luoghi comuni. Ho fatto riferimento alla condizione italiana considerandola particolare perché in altri ambiti il prevalere, nel Novecento, del mito macchinista e di quello postmoderno non hanno inibito la sopravvivenzadi un certo carattere unitario nel progettodi architettura e di paesaggio. Mi sembra che la particolare astrazione dell’architettura dalla sequenza paesaggistica sia fenomeno particolarmente evidente nell’esperienza italiana dell’ultimo mezzo secolo, forse anche in ragione di una totale assenza, nella tradizione della cultura architettonica nazionale, di qualsiasi interesse purovisibilista e percettivo. In effetti la nostra cultura progettuale ha sempre confidato più sull’efficacia del principio insediativo e sul controllo dell’impianto planimetrico, delle sue proprietà geo-metriche, che non sulla fenomenologia delle sequenze visuali o delle verifiche soggettive.Potrebbe sembrare non rilevante la consuetudine all’adozione di uno strumento di verifica progettuale rispetto ad un altro, ma forse cosìnon è. Gli elementi del paesaggio, nella loro irriducibile variabilità, di consistenza, di materiali e colori, diatmosfera, dimensionale, funzionale, tematica e culturale dimostrano i limiti degli strumenti di controllo tradizionali dell’architettura, quelli – per intendersi – che governano così efficacemente la stereometria dei volumi degli edifici e degli impianti urbani. Occorre – quindi - innanzitutto arricchire la gamma degli strumenti recuperando, insieme alla nozione di centralità del paradigma ambientale, la consapevolezza di dover adeguare l’attrezzatura concettuale e disciplinare del progetto. Oliva- opportunamente -  articola il suo ragionamento a cavallo tra le due realtà non ancora ricondotte ad unità, ricercando tracce di reciproca compatibilità attraverso casi di studio e citazione di fenomeni appartenenti ora all’una ora all’altra, ma comunque prossimi al confine comune e predisposti alla saldatura. L’obiettivo è rafforzare gli strumenti dell’architettura ponendoli in grado di dominare dimensioni e temi che si impongono prepotentemente ma non trovano ancora adeguato radicamento disciplinare né consuetudine ed esperienza consolidate. Mi piace pensare che – in questo senso – l’irrompere del paesaggio come protagonista sulla scena dell’architettura possa ridestare dal sonno ipnotico dell’astrazione  e dell’oblio alcune capacità che nostri predecessori di due o tre generazioni fa dimostravano ancora di possedere. È possibile che si debba passare per un ripensamento della stessa idea sottesa al termine “progetto”. Ideasulla quale si è caricato, almeno a partire dagli anni sessanta del secolo scorso, un corredo di speranze, aspirazioni, velleità e presunzioni che hanno finito per rendere ipertrofico e astrattamente salvifico il concetto stesso. Il progetto è diventato il protagonista mistico e la speranza risolutiva di ogni conflitto e di ogni aporia.  In questo processo autoreferenziale cosa si è smarrito? La consapevolezza dell’imperfezione e della riduzione schematica della realtàche il progetto, ogni progetto, buono o meno buono comunque rappresenta. Il progetto,colpevole del peccato di orgoglio, come Narciso si è invaghito delle sue stesse fattezze ed ha progressivamente trascurato di commisurarsiall’efficacia che è in grado di esprimerenel contribuireall’umana felicità. Motivi che non possiamo qui approfondire hanno spinto la tradizione del progetto di architettura adambire alla forza, all’evidenza iconica ad essere – insomma – orgoglioso di esistere e di mostrarsi. Ma progettare è sempre simulare, prevedere, attività modellistica per eccellenza, altro dalla realtà. Le sue astrazioni, la sua distanza dalla realtà possono dar luogo ad apprezzabili forme espressive autonome, ma non hanno particolari motivi per esibirsi ed inoltre costituiscono approssimazioni che sono difetti di cui tener conto. Potrebbe essere opportuno recuperare un certo pudore nell’esibire strumenti imperfetti e – giungerei a dire – mantenere un certo imbarazzo nel manifestarsi considerando il progetto come male necessario rispetto ad un più avanzato concetto che proprio il nuovo impegno nei confronti del paesaggio ci invita a considerare. Mi riferisco all’idea di cura come antitesi ed evoluzione progressiva dell’idea di progetto. Il progetto potrebbe trasformarsi in cura, cioè in attenzione costante nel tempo che sostituisca al carattere episodico e temporaneo dell’intervento spot un’attitudine continua, sorta di manutenzione perenne, opera aperta in progress. Sostituire alla forza orgogliosa di sé della trasformazione cruenta l’opera capillare dei piccoli spostamenti per infiniti stati di quasi equilibrio, continuamente monitorata e più facilmente partecipata e condivisa. La condizione di urgenza si è dimostrata cattiva consigliera e ha dato pessimi esiti, sia nelle opere eccezionali, sia nelle piccole cose. Una autentica civiltà del progetto potrà esprimersi compiutamente nel recuperato rapporto con l’evoluzione naturale delle cose. La riconciliazione, la nuova alleanza con la natura (Prigogine) può manifestarsi permeando i paesaggi dell’uomo di una diffusa curatela creativa che accompagni l’evolvere delle necessità in tempo reale, senza le artificiali accelerazioni ed i rozzi schematismi del progetto. Se la nuova frontiera del paesaggio offrirà ai suoi intrepidi esploratori non solo nuovi problemi, e nuove difficoltà, ma anche occasioni di chiarimento sulle insufficienze metodiche e sul luciferino peccato di orgoglio del progetto, il bilancio sarà, per una volta, in attivo e meno distante la profezia senese del Lorenzetti:

“senza paura ogn'uom franco camini
e lavorando semini ciascuno
mentre che tal comuno
manterrà questa donna in signoria
ch'el alevata arei ogni balia”

 

 

Autore Gina Oliva
Titolo Architettura e Paesaggio. Riflessioni
Editore Nuova Cultura
Città Roma
Anno 2012
Pagine 88
Prezzo € 12,00
ISBN
Compra http://www.nuovacultura.it/prodotto.php?ipd=1585

 

Autore Data pubblicazione Volume pubblicazione
TODARO Benedetto
2012-06-15 n. 57 Giugno 2012
 

Lo spessore della città

La ricerca Lo spessore della città prende corpo nel 2010 in occasione del secondo bando FIRB (Fondo per gli Investimenti della Ricerca di Base – Bando Futuro in Ricerca), pubblicato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Il bando nelle sue tre edizioni (2008, 2010, 2012) è indirizzato a sostenere ricerche di base di giovani studiosi. La stesura del progetto nella sua prima versione è il tentativo di tradurre assunti teorici, costruiti su nuove necessità di dialogo tra architettura e città, in concreti strumenti operativi.  Continua...

Alter-azioni

Questo libro raccoglie una serie di saggi sull’alterazione, ovvero sul rapporto interpretazione e realtà, sostanzialmente sul come si possa aumentare la realtà oltre l’impiego di strumenti tecnologici. Con l’espressione “realtà aumentata” si vuole qui sostenere l’autonomia della visione, la sua non necessità di protesi da altri impostate, a favore di un potenziamento delegato alla sola teoria. L’obiettivo è aggiornare il binomio teoria-progetto, superare inutili dualismi, affermare la coincidenza dei due termini non solo sul piano dei contenuti ma anche su quello degli strumenti. Continua...

peperone_giallo_trasphortusbooks è un progetto editoriale che nasce dall’esperienza di (h)ortus - rivista di architettura. Raccogliere saggi e riflessioni di giovani studiosi dell’architettura, siano esse sul contemporaneo, sulla storia, la critica e la teoria, sul progetto o sugli innumerevoli altri temi che caratterizzano l’arte del costruire è la missione che vogliamo perseguire, per una condivisione seria e ragionata dei problemi che a noi tutti, oggi, stanno profondamente a cuore.

hortusbooks si propone come una collana agile, aperta ad una molteplicità di contributi nel campo dell'architettura. I volumi vengono pubblicati con tecnologia print on demand dalla casa editrice Nuova Cultura di Roma e possono essere acquistati on-line tramite i maggiori canali di diffusione.

Il paesaggio chiama

paesaggio_chiama_tIn tante città mediterranee e anche qui, nella magnifica cornice dello Stretto di Messina, l’attuale urbanesimo genera immense aree abitate che non sono più né urbane né rurali. Ci guardiamo attorno e nella banalità che ci circonda cerchiamo nuove gravità, proprio in questi luoghi destrutturati, perché è qui che possono e devono prendere forma i paesaggi del nostro tempo. L’importanza del paesaggio è sentita quasi sempre in termini solo difensivi, senza la consapevolezza della sua rilevanza sociale e economica, e di conseguenza senza un coinvolgimento culturale e politico delle comunità. Continua...

Valle Giulia Flickr

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Il gruppo nasce tre anni fa dall’idea di uno studente di architettura con la passione della fotografia.
Da un piccolo gruppo di appassionati, accomunati dalla voglia di imparare l’arte fotografica e di utilizzarla come strumento per “parlare” di architettura, si è arrivati ad un gruppo che oggi conta più di 260 iscritti.
Lo spirito del gruppo è quello della condivisione come mezzo di conoscenza, sia in campo architettonico che fotografico, e i contest proposti danno l’occasione agli iscritti di confrontarsi su varie tematiche in campo architettonico e sociale. Continua...

Dal paesaggio al panorama, dal panorama al paesaggio

camiz_copertina_tUna mostra che presenti fotografie di paesaggi naturali, così come un osservatore li vede durante una gita, un'escursione, un viaggio, anziché una mostra semplice come si potrebbe credere (perché si potrebbe azzardare che un panorama è sempre bello), si presenta come una mostra piuttosto complessa. In effetti, è la fotografia del paesaggio naturale che è più complessa di quanto non sembri. Infatti, se appunto un ambiente naturale ci appare quasi sempre come bello, in particolare se incontaminato, una sua fotografia non è detto che lo sia. Continua...

Il Giardino dei Cedrati di Villa Pamphilij

cedratiDalla loro domesticazione le piante da frutto sono sempre state utilizzate come elementi costitutivi di diverse tipologie di giardini. In molti giardini storici, a  fronte di esempi virtuosi di conservazione di aree a frutteto o di singole piante da frutto, molto più spesso questi spazi coltivati sono andati perduti, gradualmente sacrificati ad altre priorità nei necessari restauri vegetazionali con perdita di risorse genetiche di valore, ma anche dell’identità dei luoghi. Lo studio di un’ipotesi di recupero del Giardino dei Cedrati in Villa Doria Pamphilj (Roma), oggi profondamente cambiato nella sua forma, struttura e funzione e in progressivo abbandono, rappresenta l’applicazione di un innovativo approccio metodologico, esempio di quella  integrazione di discipline necessaria per non prescindere dalla natura sistemica  di questo luogo. Continua...

Rassegna Italiana | 5 Temi 5 Progetti

Il complesso di risorse culturali, artistiche, ambientali, che sono proprie di un paese noi lo chiamiamo Patrimonio (ma anche l'insieme dei cromosomi che ogni individuo eredita dai propri ascendenti). Le Case sono le abitazioni dell'uomo e l'Esterno è ciò che sta fuori, che viene da fuori. Il termine Tecnologia è composto da arte e discorso, dove per arte si intende(va) il saper fare, in altri termini il progetto del saper fare. La Catastrofe indica i grandi sconvolgimenti provocati dalla natura o dall'uomo. Continua...

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