Laboratorio di architettura
Progettare e costruire per il benessere della terra
Manuela Pattarini
Fra gli eventi speciali del MADE expo 2009 (l’esposizione “Milano Architettura Design ed Edilizia”), svoltosi alla Fiera di Milano (Rho) dal 4 al 7 febbraio 2009, si è tenuta la rassegna “Laboratorio di architettura - Progettare e costruire per il benessere della terra”, organizzata dagli architetti Fortunato D’Amico e Franco Mirenzi della rivista OFARCH e patrocinata da Ala Assoarchitetti e da IIDD Design for All Italia.
Parti integranti del Laboratorio una serie di conferenze ed una mostra di lavori di sei scuole di Architettura, due internazionali (il Mobile Experience Lab dell’M.I.T. di Cambridge [USA] e l’Accademia di Architettura di Mendrisio dell’Università della Svizzera Italiana) e quattro italiane (la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, la Facoltà di “Architettura Civile” del Politecnico di Milano, la Facoltà di Architettura “Valle Giulia” della Sapienza Università di Roma, e la I e la II Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino); ospite dello stand anche il “Green Building Council Italia”, l’organizzazione non-profit che, come membro della comunità internazionale facente capo all’USGBC (US Green Building Council), intende favorire lo sviluppo dell’edilizia sostenibile in Europa, offrendo parametri di riferimento agli operatori del settore tramite il sistema di certificazione indipendente LEED® (Leadership in Energy and Environmental Design). L'associazione promuove anche un processo di trasformazione del mercato edile italiano: il sistema di certificazione legato al marchio LEED® stabilisce infatti un valore di mercato per i “green building”, stimola la competizione tra le imprese sul tema delle performance ambientali degli edifici e incoraggia comportamenti di consumo consapevole anche tra gli utenti finali.
La scelta di ambientare una siffatta rassegna in una fiera molto popolare, decisamente orientata al commercio (a volte con inevitabili cadute verticali verso il kitsch) potrebbe risultare singolare, ma il proposito dell’iniziativa è stato proprio quello di portare la ricerca all’interno dello spazio principe del mercato produttivo e di proporre momenti di confronto sull’uso consapevole delle risorse energetiche e dei mezzi tecnologici compatibili con l’ambiente.
Andando ad analizzare più nello specifico le proposte presentate dai protagonisti della mostra, ciò che immediatamente salta agli occhi è la varietà degli approcci al tema della sostenibilità.
La Facoltà di Architettura di Firenze presenta un gran numero di tesi di laurea, sotto il titolo unificatore: “Sostenibilità e qualità dell’architettura”. Ci si trova a cospetto di lavori molto differenti fra loro, per metodologia compositiva, scala di intervento ed approccio formale, ma accomunati dalla considerazione di una particolare accezione dell'istanza di sostenibilità nel progetto di architettura: l'immissione della dimensione temporale dei manufatti edilizi, ossia del concetto di temporaneità e di ciclo di vita utile. Abbiamo quindi sperimentazioni sui temi della riciclabilità, della riutilizzabilità e della reversibilità del processo costruttivo, con progetti che prevedono la possibilità di de-costruire i sistemi edilizi, riutilizzando le entità tecnologiche di cui sono costituiti in nuovi processi produttivi o reintegrandole nell’ambiente naturale. Troviamo anche lavori che affrontano il tema dell’utilizzo di tecnologie appropriate al contesto, per garantire, anche tramite il ricorso a materiali locali, soluzioni adeguate alle effettive possibilità di manutenzione futura [successiva]. Vi sono infine progetti che possono essere ricondotti all’idea di sostenibilità perché rispondenti in modo flessibile alle mutevoli esigenze delle persone, come edifici residenziali pensati per il co-housing o con tipologie più flessibili e fluide di quelle attualmente utilizzate nella pratica corrente.
La Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano, con il titolo “Ambiente_tradizione_innovazione”, presenta alcune tesi di laurea che evidenziano l’impostazione didattica dei laboratori integrati, mirati a far recepire all’“architetto di domani” la nozione che il progetto contemporaneo non può ridursi a mero esercizio compositivo, ma deve prevedere una varietà di contributi tutti ugualmente necessari per la realizzazione di un manufatto edilizio sostenibile. La progettazione architettonica si fonde con quella strutturale, con quella impiantistica e con quella tecnologica, nel tentativo di generare nuovi edifici ben integrati con la natura.
La Facoltà di Architettura “Valle Giulia” espone, con il titolo “Didattica e ricerca: la città del 21° secolo”, tanto tesi di laurea, quanto progetti di ricerca sviluppati da docenti e dottorandi della facoltà e tesi di dottorato. Negli ultimi anni sia la didattica che la ricerca di questa scuola sono state orientate verso le tematiche della Carta di Lipsia per le città sostenibili, primo documento condiviso a livello europeo sullo sviluppo urbano. Sostenibilità qui intesa, quindi, non come semplice questione prestazionale di un singolo manufatto edilizio, quanto piuttosto come un più ampio concetto che implica tematiche quali l’inclusione sociale, la capacità attrattiva dei centri urbani, la fattibilità economica degli interventi e da ultimo, ma non in ordine di importanza, il benessere psico-fisico dei cittadini. Nei lavori presentati è evidente il tentativo di integrare l’impiego, pur ritenuto necessario, di tecniche costruttive o materiali ecocompatibili con la definizione dello spazio urbano, la razionalizzazione della gestione energetica ed il ricorso a fonti di energia rinnovabili. Questo criterio viene applicato tanto a progettazioni ex-novo quanto a recuperi e rifunzionalizzazioni di manufatti già esistenti, nel tentativo di utilizzare la trasformazione edilizia quale volano di riqualificazione sociale, funzionale e tecnologica degli edifici e dei tessuti urbani per il rilancio globale dell’ambiente urbano. La Facoltà di “Valle Giulia” ha anche presentato, in una conferenza in programma nella rassegna, il progetto europeo URBACT, European Programme for Urban Sustainable Development. I docenti responsabili di tale progetto (gli architetti Carola Clemente e Federico De Matteis) hanno qui illustrato come URBACT, tramite l’interazione fra pubbliche amministrazione e centri di ricerca universitari, preveda l’interscambio di esperienze di città europee e la diffusione di conoscenze che riguardano lo sviluppo urbano sostenibile, nel tentativo di migliorare l’efficienza delle politiche di tale sviluppo in Europa, attraverso la strategia di Lisbona (priorità alla competitività, alla crescita e al lavoro).
Sulla stessa linea della scuola romana è l’approccio delle due Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, che, nella consapevolezza che ogni costruzione è un atto di trasformazione dell’ambiente naturale, presentano progetti che tentano di minimizzare l’impatto sull’ecosistema. Il titolo della sezione torinese è molto linearmente: “L'architettura sostenibile nelle facoltà di architettura del Politecnico di Torino”. Anche qui l’intervento non è limitato alla scala del singolo edificio ma viene allargato a quella urbano-territoriale. La progettazione sostenibile viene qui affrontata non solo dal punto di vista fisico e ambientale, ma anche economico e sociale, nel tentativo di innovare i metodi di sviluppo del progetto e di ridurre l’impatto del processo realizzativo, ma anche di configurare nuovi sistemi costruttivi, di qualificare ed innovare i materiali e i componenti edilizi, con interventi tanto sul processo quanto sul progetto e sul prodotto edilizio.
Passando alle scuole internazionali, l’Accademia di Architettura di Mendrisio, dell'Università della Svizzera Italiana, presenta la mostra “Architetture concrete architetture costruite”. È indubbiamente lo stand con l’allestimento più accattivante: una parete tempestata di foto di studenti e docenti “archistar” fa da sfondo alla rassegna di plastici di ragguardevoli dimensioni eseguiti in modo impeccabile dagli allievi. Sulle altre pareti dello stand sono presentati vari progetti degli studenti della scuola svizzera. Non si evince facilmente quale sia il suo approccio al tema della sostenibilità, ma si tocca con mano la vocazione altamente professionale ma anche profondamente umanistica di questa Accademia, che nel proprio insegnamento cerca di formare architetti consapevoli e responsabili, che affianchino la capacità di saper sviluppare un pensiero progettuale complesso ed interdisciplinare con un profondo senso di responsabilità nei confronti del proprio agire, secondo la massima semperiana incisa su un’insegna marmorea nell’aula magna del Politecnico di Zurigo: “Prima di essere ingegneri siate uomini”.
Si arriva dunque all’ultima scuola di architettura presente nel Laboratorio: il Mobile Experience Lab del Massachussetts Insitute of Technology di Boston, che presenta la mostra “Sustainable Home”. In collaborazione con il Distretto Tecnologico del Trentino, questo istituto ha esposto due progetti orientati alla realizzazione della “connected house”: un nuovo modello abitativo che prevede un consumo regolato e sostenibile di energia e che deve saper rispondere alle necessità dei suoi inquilini. L’approccio fortemente high-tech alla sostenibilità dell’illustre scuola, seppur molto interessante, ha purtroppo evidenziato tutta la delicatezza del passaggio dal fantascientifico mondo virtuale al prosaico mondo fisico: il prototipo di parete vetrata “intelligente” (che tramite sensori diventa da opaca a trasparente, o viceversa, al passaggio dell’utente) si è vista privare del suo “cervello” ed è risultata inutilizzabile (fino ad essere rimossa dall’allestimento il secondo giorno della mostra) dati i danni irreversibili subiti, durante il trasporto, dalla scheda madre preposta al controllo dei sensori. A parte questo imprevisto “incidente di percorso”, il MIT Mobile Experience Lab ha presentato la duplice strategia che sta seguendo in questi anni: da un lato il progresso tecnologico e dall'altro l'approfondimento di studi culturali e sociali tesi ad individuare il funzionamento di un'abitazione sostenibile in un determinato contesto sociale – locale.
Conclusosi il MADE 2009, si può affermare senza ombra di dubbio che l’esperimento, in apparenza singolare, di collocare il “Laboratorio di Architettura” in questo “regno del mercato produttivo” ha suscitato da più parti notevole interesse ed è dunque risultato un’idea riuscita, tanto da invogliare i curatori a pensare già all’organizzazione della nuova rassegna per la prossima edizione della fiera, che si terrà nel 2010.
Autore |
Data pubblicazione |
Volume pubblicazione |
PATTARINI Manuela |
2009-02-12 |
n. 17 Febbraio 2009 |
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