Considerazioni su uno spazio pubblico ben riuscito
Laura Valeria Ferretti
A otto anni dalla sua realizzazione, nonostante l'incuria dell'attuale Amministrazione Capitolina, l'intervento degli architetti Ottone e Pignatti per piazza S. Cosimato oltre alla qualità del progetto continua a dimostrare l'importanza del processo che ha portato alla sua realizzazione. La città è luogo di conflitti, lo spazio pubblico è il luogo dove più evidenti risultano le divergenze di interessi – commercianti contro residenti, pedoni contro automobilisti, giovani contro anziani, popolo della notte contro residenti – ma è anche il luogo dove maggiore è la possibilità per le amministrazioni di venire incontro alle aspettative dei cittadini; è il luogo dove, soprattutto nelle zone più degradate, anche piccoli miglioramenti possono introdurre cambiamenti di prospettiva ed è il dominio dove l’amministrazione deve dimostrare maggiore coraggio perché lì si toccano gli interessi di tutti.
Pochi mesi fa con la collaborazione delle associazioni di quartiere e l'intervento del I Municipio è stata riqualificata l'area gioco della piazza sostituendo la pavimentazione, le strutture per il gioco e costruendo un'alta recinzione. Un intervento piccolo a fronte degli interventi effettivamente necessari alla manutenzione della piazza mai effettuata in questi anni e che purtroppo modifica il progetto originario. Uno spazio concepito in continuità e fruibile lungo tutta la giornata è stato chiuso per proteggerlo da atti di vandalismo e usi incongrui. Questo intervento è l'occasione per tornare a parlare della piazza e sollecita alcune riflessioni sul tema degli spazi pubblici. Il progetto degli architetti Federica Ottone e Lorenzo Pignatti è forse uno degli interventi di riqualificazione degli spazi pubblici meglio riusciti a Roma; ne sono prova l’appropriazione dello spazio da parte dei cittadini e la vivacità del dibattito nel rione sulle singole soluzioni architettoniche. L'intervento, la cui realizzazione è terminata nel 2005, è stato l’esito di un processo lungo e molto interessante di realizzazione di una richiesta dal basso. È, potremmo dire, ciò che dovrebbe essere più spesso: un processo partecipativo in cui cittadini, associazioni democratiche e di categoria, tecnici ed Amministrazione hanno contribuito, si sono scontrate ed hanno mediato per realizzare un progetto molto desiderato e molto discusso. Processo faticoso e spesso frainteso o mal utilizzato, ma anche probabilmente l’unico modo per realizzare interventi che toccano sensibilità molteplici e interessi spesso divergenti, senza che l’iter progettuale e amministrativo e la costruzione siano ostacolati in modo definitivo. Già a metà degli anni Novanta gruppi di abitanti del rione, associazioni democratiche e di quartiere avevano raccolto firme e chiesto al Comune e alla Circoscrizione che San Cosimato – piazza storicamente luogo di ritrovo, mercato e cuore del rione – fosse riqualificata risistemandone il mercato e liberandola dalle macchine che ne occupavano il centro. Nel 2002 il comune di Roma bandisce un concorso per il progetto e stanzia le somme per la su realizzazione. La giuria seleziona il progetto Ottone - Pignatti e questo viene presentato ai cittadini. Nel luglio 2004 i lavori sono appaltati. Il tempo trascorso tra la messa a punto dell’incarico per i progettisti e l’inizio dei lavori è un tempo in cui, oltre alle ovvie procedure amministrative e alla progettazione, l’evoluzione del progetto è oggetto di monitoraggio continuo da parte delle associazioni di quartiere e di categoria, le esigenze e i conflitti tra i diversi attori – residenti, commercianti, amministratori, progettisti, sovrintendenze – emergono, trovano mediazione, riemergono e cercano soluzione. Le stesse condizioni espresse dal concorso (tra le quali il mantenimento del mercato in parte con strutture stabili e in parte con banchi smontabili) e la regolamentazione dell’accesso dei veicoli erano state frutto di una lunga contrattazione tra le associazioni dei commercianti, dei residenti e le diverse espressioni dell’Amministrazione. Gli elementi invece che avevano trovato tutti concordi erano il mantenimento del grande platano secolare simbolo della piazza e luogo di riunione del rione, la realizzazione di uno spazio dedicato ai bambini, la necessità di definire con chiarezza gli spazi per i tavolini di bar e ristoranti e la necessità di riportare il protiro medievale del convento di san Cosimato ad una quota che consentisse l’accesso al giardino retrostante, trasformando quello che era sempre stato uno spazio di risulta ed un’architettura posta al margine in elemento di riqualificazione della piazza. Il progetto conferma la collocazione del mercato sul fronte nord della piazza. I banchi stabili realizzati sotto una copertura metallica continua con un intradosso in legno, originariamente previsti aperti su tutti i lati, hanno invece il fronte commerciale verso il grande spazio della piazza. Tra la linea dei banchi e lo spazio attorno al grande platano che accoglie lo spazio gioco per bambini, c’è un grande spazio libero con una curvatura convessa ad “osso di seppia” dove di giorno, in vicinanza del mercato fisso, sono collocati i banchi mobili: il pomeriggio, smontati i banchi, le coperture previste come smontabili e tuttavia mai smontate, si trasformano in porte per partite di pallone, in percorsi per gli skateboard e le biciclette, in gazebi per le manifestazioni di quartiere. L’area per i bambini, oggi riqualificata dal Primo Municipio ricorda la prua di una nave. È uno spazio più intimo, con sedute tutto intorno, che si stacca dal piano inclinato della piazza delimitato da un basso sedile di pietra e da piante. La pavimentazione in legno e gomma smussa la durezza della pietra lavica che riveste gli altri spazi. Un rampa ed una scala innestano il protiro del convento di San Cosimato con la piazza. La configurazione del mercato, l’area del gioco bambini sotto il grande platano, la realizzazione dello scavo che rende agibile la quota del protiro con la nuova fontana e il bel mosaico di Silvia Codignola, oggi purtroppo reso quasi invisibile dalla mancanza di manutenzione, l’accorto controllo delle pendenze e delle quote del terreno hanno consegnato nel 2005 ai cittadini uno spazio ricco e versatile. Qualità questa, del prestarsi ad una molteplicità di usi, assolutamente indispensabile nel funzionamento di una piazza. Commerci, bambini in bicicletta, artisti di strada, anziani e mamme con carrozzine al sole, giovani con il pallone, turisti in cerca di ombra, artigiani che lavorano all’aperto hanno trovato spazi adatti ad accoglierli. I bar ed i ristoranti sono stati collocati in “stanze” all’aperto definite da siepi che definiscono l’occupazione del suolo pubblico garantendo gestori e cittadini. La piazza è uno spazio vivibile notte e giorno. Se una critica si poteva sollevare al progetto all’esito del suo lungo percorso era l’aver rinunciato alla doppia apertura dei banchi fissi, che nel progetto originario aprivano verso la piazza e verso il fronte degli edifici, costituendo così una “strada” nella piazza e rendendo i negozi su quel fronte partecipi della vita del mercato mentre con l’attuale soluzione vengono separati dallo spazio comune. Questo è tuttavia un dettaglio. Piazza San Cosimato è uno spazio pubblico ben riuscito in cui una comunità fortemente eterogenea può esplicitare le proprie diversità dando al contempo prova della propria tolleranza e capacità di convivenza: un vero spazio di tutti; e importante è che un progetto complesso sia stato realizzato e che l’Amministrazione dell'epoca e la politica abbiano accettato la sfida dei cittadini anche se – come sempre avviene nel nostro paese e a Roma in particolare, forse per l’eccezionalità del confrontarsi con architetture contemporanee, e come è in fondo ovvio che accada quando si tocca il “cortile” di qualcuno – ciascuno, dal singolo cittadino al professionista del campo, ritiene che almeno su qualcosa avrebbe potuto fare meglio. Se la storia di questo progetto è significativa, la sua condizione attuale tuttavia propone alcune considerazioni sul ruolo dell'Amministrazione e sulla gestione e la politica degli spazi pubblici. Nonostante l'attenzione posta dai progettisti ai dettagli e alla scelta dei materiali, a causa delle modalità tipiche delle gare pubbliche al ribasso e della difficoltà dell'amministrazione a gestire i rapporti con le imprese, vi sono state carenze nella realizzazione. Inoltre, fin da subito, buona parte dei banchi fissi finalizzati al commercio di generi deperibili, tema sul quale in fase di progettazione si era concentrata molta parte delle richieste dei commercianti, sono rimasti chiusi o sono stati utilizzati con finalità diverse, e le coperture dei banchi temporanei affidate agli operatori del mercato in tutti questi anni non sono mai state da questi prese in cura. Il processo ha mostrato, in questi esiti, una debolezza dell'Amministrazione che non è riuscita a gestire fino in fondo i rapporti con gli altri attori definendo e vincolando livelli di qualità, modalità d'uso degli spazi e il sistema dei diritti e dei doveri dei diversi utilizzatori delle strutture in una prospettiva di interesse della collettività. In contesti urbani così intensamente frequentati come alcune zone del centro storico di Roma, che hanno una tradizione ed una vocazione di accoglienza, il degrado urbano raggiunge livelli estremi e repentini. Una politica della manutenzione continua e immediata, del controllo degli spazi e del mantenimento delle condizioni di legalità è imprescindibile. La scelta del Municipio, sostenuta dagli abitanti, di chiudere lo spazio per il gioco dei bambini appartiene a quella modalità che sta riempiendo le nostre città di recinzioni. Si chiudono gli spazi per supplire all'incapacità di gestione e all'assenza di interventi di minore entità, continui nel tempo e probabilmente alla fine di minor costo: pulizia, sostituzione immediata delle parti danneggiate, vigilanza. Allo stesso tempo però il coinvolgimento degli abitanti e le modalità che hanno portato a questo ultimo intervento di riqualificazione, anche se molto parziale, confermano come il tema dello spazio di tutti – lo spazio pubblico – e la sua cura siano comunque elementi vitali nel rapporto tra cittadini ed amministrazione. La rinascita di molte città europee (Barcellona, Lione, Parigi) è avvenuta attraverso scelte di politica urbana che avevano al loro centro una vera e propria strategia urbana sullo spazio pubblico. Certo in condizione di crisi, quando sembra impossibile anche la gestione ordinaria, appare difficile strutturare politiche di questo livello, ma questo dovrebbe spingere il governo della città – anche in previsione dei cambiamenti prefigurati dal decreto che prevede a partire dal 1 gennaio 2014 la creazione delle città metropolitane – all'elaborazione e sperimentazione di nuove modalità di gestione e di intervento, come in molte città europee si fa già da qualche tempo, ma anche di nuove modalità di rapporto tra amministrazione e rappresentanze dei cittadini rilanciando il rapporto tra questi ultimi e gli eletti per una condivisione dei diritti e dei doveri.
Autore |
Data pubblicazione |
Volume pubblicazione |
FERRETTI Laura Valeria |
2012-09-24 |
n. 60 Settembre 2012 |
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