L'editoriale di (h)ortus
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La città della postproduzioneQuesto libro raccoglie una serie di saggi sulla postproduzione intesa sia quale condizione che connota oggi i territori europei, sia quale atteggiamento progettuale – realizzare non è più sufficiente e non è più centrale servono interventi altri, altre sovrascritture. Come nella prassi cinematografica, raramente la presa diretta esaurisce il momento di formalizzazione di un film: è necessario applicare un complesso di operazioni quali il doppiaggio, il montaggio, il missaggio che seguono la fase delle riprese e precedono la commercializzazione. |
Hortus News
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Paul Joseph Sachs, uno dei sette membri fondatori del MoMA di New York, in visita ad Essen nel 1932, definirà tale importante struttura culturale come “the most beautiful museum in the world” una frase che resterà impressa nella memoria comune come un segno distintivo dell’intera città, al punto da essere scelta come titolo della mostra d’inaugurazione del recente museo (1). Tale mostra è stata anche l’occasione per riunire dopo settanta anni, seppure temporaneamente, le opere di Oskar Kokoscha, Wassily Kandinsky, Ernst Ludwig Kirchner, Marc Chagall, Giorgio de Chirico, Paul Gauguin, Franz Marc, ecc., rimosse nel 1936 dalle pareti del vecchio edificio - in seguito distrutto dai bombardamenti dell’ultima guerra - in quanto considerate dai nazisti arte degenerata e, quindi, disperse in numerosi musei e collezioni private straniere. Nel dopoguerra il museo verrà ricostruito, su progetto di Erich Hösterey, Werner Kreutzberger, Horst Loy, nel sito del precedente museo.
All’inizio degli anni Ottanta sarà realizzata un’addizione che non troverà il consenso della critica e dei visitatori per l’inappropriata organizzazione dello spazio, l’eccesso di dislivelli, la fastidiosa presenza di pareti poste diagonalmente, la scarsa illuminazione naturale, etc.. Tutto questo porterà alla decisione, sempre rinviata per mancanza di fondi, della sua demolizione e ricostruzione. Fino a che, nel 2006, in vista della nomina di Essen nel 2010 a capitale europea della cultura, la Fondazione Krupp metterà a disposizione la cifra necessaria per il rifacimento dell’addizione (il Neubau) e il restauro della costruzione esistente (ovvero l’Altbau). Nel 2007 verrà bandito un concorso che sarà vinto da David Chipperfield Architects. Numerosi sono gli edifici espositivi realizzati dall’architetto inglese nel corso della sua carriera, dedicati all’arte, all’archeologia, all’antropologia, alla letteratura e a quant’altro. Da tale esperienza egli avrà modo di analizzare e approfondire, da diverse angolazioni, lo specifico tema progettuale dell’organismo destinato alla conservazione e comunicazione (al pubblico) di opere, manufatti, reperti. Questo museo, in particolare, rappresenta una sintesi e, a un tempo, un manifesto teorico/concreto del suo modo si concepire lo spazio destinato all’esposizione dell’arte. La linearità e la chiarezza organizzativa dei diversi ambienti che lo compongono esprime, altresì, la volontà di definire un luogo in sé ideale per la presentazione delle testimonianze artistiche del presente e del passato; non privo di un suo specifico carattere formale, ma non tale da creare disturbo nel dialogo che il fruitore abitualmente intesse nel suo percorso di visita con i capolavori esposti, riducendo al minimo le interferenze di tipo percettivo/ambientale. Un organismo ben composto, dunque, ed invitante, animato al suo interno da una luce artificiale e naturale dosata in maniera appropriata. «L’autorevolezza costruitasi in questi ultimi vent’anni attorno alla sua opera», osserva Fulvio Irace, «sta nella sua capacità di trovare sempre tra astrazione e fisicità, tra idea e realtà un equilibrio, cui si può attribuire l’appellativo di “ordinario”, nella duplice accezione di elemento d’ordine e di elemento della vita di ogni giorno» (2). La costruzione - che occupa due terzi dell’isolato urbano di pertinenza del museo - si svolge su un piano orizzontale e, poiché la superficie del lotto è leggermente digradante, nel procedere verso nord si trasforma in una sorta di grande podio che concettualmente e realmente si distacca dalle strade circostanti, dalla loro confusione e dal rumore del traffico; per cui, sopra tale piano orizzontale trova luogo l’edificio museale, mentre lo spazio sottostante è utilizzato come garage e magazzino. L’impianto progettuale si basa su quattro cortili circondati da una struttura a chiostro, attorno a cui si addossano una serie di padiglioni. Lo spazio interno, tuttavia, non registra tale sommatoria di parti, ma si sviluppa in maniera continua, offrendo vari percorsi attraverso la collezione. “Dall’ingresso si può vedere ogni parte dell’edificio e ci si può orientare immediatamente”, afferma Chipperfield in un’intervista. “Al tempo stesso abbiamo voluto creare un edificio in cui ci si può anche perdere”. Ed, infatti, perdersi non è difficile in questi vasti spazi, dall’espressività compressa, ma dai percorsi dilatati, conseguenti all’ampia raccolta di opere. La nuova struttura espositiva, bisogna osservare, tende a recuperare in maniera sottile l’impianto dell’Altbau ed un significativo aspetto del suo carattere che è il senso della permeabilità visiva. Una scelta che se, per un verso, coincide con la visione progettuale dell’architetto, per l’altro, corrisponde all’intento di non creare stridenti contrapposizioni tra la vecchia e la nuova costruzione, cercando di mettere in atto una forma di sfumata consonanza con il contesto. A tale proposito Chipperfield ricorda di essere rimasto colpito, nella sua prima visita al sito, dal fatto che passando con il suo taxi dinanzi all’edificio degli anni Cinquanta, poteva vedere all’interno i dipinti sulle pareti. L’accesso al cortile d’ingresso avviene tramite un’ampia scala disposta in posizione laterale sul fronte est, lungo la Bismarkstraße, dove più avanti si trova anche il padiglione degli uffici - che corrisponde al punto in cui la pedana orizzontale raggiunge il massimo distacco dal suolo stradale - con il magazzino sottostante situato in corrispondenza del parcheggio. Percorrendo la scalinata e raggiunto il primo cortile, da un lato si trova il caffè-ristorante e il bookshop e dall’altro l’accesso alla vasta hall dove al centro è situato il bancone della biglietteria. Successivamente, i visitatori incontrano un susseguirsi di spazi espositivi (con altezze fino a sei metri) ed altri ambienti di diversa destinazione: sala video, biblioteca e sala lettura, sala polifunzionale, spazio eventi, laboratori e aule seminariali. Il pavimento interno è in cemento sabbiato. Il rivestimento delle facciate è realizzato con un materiale traslucido, simile all’alabastro, ma può ricordare anche il marmo o la pietra. Si tratta di un involucro composto di grandi lastre quadrate di vetro riciclato di color verdastro, leggermente ruvido in superficie. Il loro colore cambia con il variare della luce naturale. Le finestre sono integrate con il filo delle fronti esterne.
Note (1) Il titolo completo della mostra è: “Das schönste Museum der Welt - Museum Folkwang bis 1933”. (2) Fulvio Irace, Si potrebbe costruire un edificio, «Casabella» n. 789, maggio 2010.
Si ringrazia David Chipperfield Architects per aver concesso la pubblicazione di un disegno e di due foto di Christian Richters (9 e 35). Si ringrazia il Folkwang Museum per aver concesso la pubblicazione dei disegni del museo e delle foto di Jens Nober (4) e Wolf Hang (10, 17, 18, 19, 22, 23, 24, 28, 29, 30, 33, 34). Si ringraziano infine Chistian Richters, Jens Nober e Wolf Hang per le loro foto.
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Lo spessore della cittàLa ricerca Lo spessore della città prende corpo nel 2010 in occasione del secondo bando FIRB (Fondo per gli Investimenti della Ricerca di Base – Bando Futuro in Ricerca), pubblicato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Il bando nelle sue tre edizioni (2008, 2010, 2012) è indirizzato a sostenere ricerche di base di giovani studiosi. La stesura del progetto nella sua prima versione è il tentativo di tradurre assunti teorici, costruiti su nuove necessità di dialogo tra architettura e città, in concreti strumenti operativi. Continua... Alter-azioniQuesto libro raccoglie una serie di saggi sull’alterazione, ovvero sul rapporto interpretazione e realtà, sostanzialmente sul come si possa aumentare la realtà oltre l’impiego di strumenti tecnologici. Con l’espressione “realtà aumentata” si vuole qui sostenere l’autonomia della visione, la sua non necessità di protesi da altri impostate, a favore di un potenziamento delegato alla sola teoria. L’obiettivo è aggiornare il binomio teoria-progetto, superare inutili dualismi, affermare la coincidenza dei due termini non solo sul piano dei contenuti ma anche su quello degli strumenti. Continua... |
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Il Giardino dei Cedrati di Villa Pamphilij
Rassegna Italiana | 5 Temi 5 ProgettiIl complesso di risorse culturali, artistiche, ambientali, che sono proprie di un paese noi lo chiamiamo Patrimonio (ma anche l'insieme dei cromosomi che ogni individuo eredita dai propri ascendenti). Le Case sono le abitazioni dell'uomo e l'Esterno è ciò che sta fuori, che viene da fuori. Il termine Tecnologia è composto da arte e discorso, dove per arte si intende(va) il saper fare, in altri termini il progetto del saper fare. La Catastrofe indica i grandi sconvolgimenti provocati dalla natura o dall'uomo. Continua... |